Pagina curata da: Lo Sardo Chiara, Billero Chiara, Montante Giorgia, La Greca Ausilia, Scrudato Lorena, Leto Giuseppe.

Il territorio di Cammarata e San Giovanni Gemini è costellato da una storia che iniziò della colonizzazione greca in Sicilia. Territorio che, come molti altri, è rimasto inesplorato quasi del tutto: questo perché la sua conformazione geologica non è di semplice visita. Ma le numerose grotte che si trovano in questo territorio hanno dato alla luce prove di antichissime abitazioni all’interno di esse; ciò è dato dal ritrovamento di opere umane a livello archeologico dopo diverse esplorazioni, come quella della fine dell’800 oppure quella degli anni ’30 del secolo scorso. Tali opere umane a livello archeologico includono ritrovamenti di utensili da caccia, o cocci in ceramica; in altre pareti sono stati notati, dopo uno studio approfondito, dei graffiti e disegni murali. Nei musei palermitani e agrigentini si nota testimonianza di una civiltà dell’epoca del bronzo in cui ne fanno parte anche oggetti ritrovati nel nostro territorio cammaratese. 

la grotta dell'acqua fitusa

Nei territori di Cammarata e San Giovanni Gemini si trovano molte grotte che dovrebbero essere studiate sistematicamente, perché di sicuro riservano tracce e testimonianze delle più antiche popolazioni che abitarono nella nostra isola.

Una di queste grotte è quella dell’acqua fitusa, che è stata esplorata nel 1931 dal signor La Pilusa, il quale ha scritto una relazioni parlando proprio delle caratteristiche che essa presenta. “L’ingresso è situato nel mezzo di una parete a picco a circa 10 metri dal suolo. Nelle vicinanze dell’ingresso esistono aperture ma di scarsa importanza. Dall’ingresso principale che, man mano si allarga, si arriva ad un camerone di grandi dimensioni,  formato da massi calcarei. Da questo camerone si passa ad uno stretto cunicolo che presenta il corridoio  principale della grotta ,il quale  deve essere attraversato carponi, ed in certi punti, addirittura, strisciando. Il rumore delle pietre gettate si perde lontano, dando la sensazione di un’immensa profondità. Non permette il passaggio dell’ uomo perciò è impossibile scandagliarla. Nel corridoio si trovano diverse aperture laterali ma di nessuna importanza. Dopo circa 60 metri dal camerone, il cunicolo si biforca: il braccio sinistro si stringe gradatamente fino a chiudersi; il braccio destro, invece, dà l’accesso ad una serie di scale e cunicoli che presentano serie difficoltà all’esplorazione. Dopo circa 4 metri il braccio si biforca ancora, presentando una fenditura larga venti metri e parecchio profonda. A destra presenta uno stretto passaggio che si prolunga per 40 metri e sbocca nel corridoio principale, quasi all’altezza del camerone. Continuando ancora verso nord, il corridoio si allarga ed assume l’aspetto di una grotta a volta piuttosto bassa e larga. Notevole il rinvenimento di alquanti cocci di vasi e altri oggetti in terra cruda lavorata. La galleria che si prolunga per circa 20 metri sbocca nella sala delle stalattiti. E’ un’ampia sala di forma circolare che presenta allo spettatore la visione di uno dei più bei spettacoli che ad occhio umano sia dato di ammirare.  Alla tremula luce delle candele, le miriadi di goccioline sospese alle punte delle stalattiti riflettono, in una magnifica iridescenza, una superba sinfonia di colori. Alla volta dell’ampia sala stanno attaccate innumerevoli stalattiti intrecciate in varie fogge, dal suolo e dalle rocce si ergono diritte stalagmiti. La grotta non presenta corsi d’acqua e nemmeno correnti d’aria.

Recentemente si è iniziata l’esplorazione scientifica della Grotta dell’Acqua Fitusa, per merito dell’istituto italiano de Preistoria e della Soprintendenza alle antichità di Agrigento. Riguardo alla cronologia, dai campionati di carbone reperiti nello stato grigio, si ricava la loro origine intorno a 13760 anni fa.

Quindi nel nostro territorio tredicimila e cinquecento anni fa l’uomo viveva e accendeva il fuoco.

 

Secondo la concorde testimonianza degli storici antichi, riassunta da Tucidide, il nostro territorio, prima della colonizzazione greca, era occupato dai Sicani che avevano dato il loro nome all’isola chiamata perciò Sikania, invece di Trinacria.