Pagina curata da: Giracello Lorenzo, Madonia Salvatore, La Greca Enrica, Accardo Giulia, Lo Scrudato Mara.

La Sicilia, prima dell'arrivo della colonizzazione ellenica, fu abitata da diverse popolazioni come Sicani, Elimi e Siculi: gli antichi popoli di Sicilia. Queste furono le popolazioni preelleniche della Sicilia che i Greci trovarono quando arrivarono sull'isola nel 756 a.C.. Controversa è invece la presenza nell'isola di una popolazione denominata Morgeti. I Sicani erano un popolo della Sicilia che, secondo la tradizione, era stanziato anticamente su gran parte dell'isola. In seguito, l'area ad est del fiume Salso, fu occupata dai Siculi, che soppiantarono i primitivi popolatori. Le poche e frammentarie notizie storiche sui Sicani giunte fino a noi provengono dai Greci che, quando iniziarono ad insediarsi in Sicilia (VIII secolo a.C.), trovarono tre diversi popoli: i Sicani a occidente, i Siculi nella parte orientale e gli Elimi nella regione nordoccidentale. Secondo una visione invasionista tradizionale, i Sicani sarebbero di origine pre-indoeuropea. Quasi tutti gli storici greci e latini concordano col fatto che i Sicani fossero di origine iberica; solo Timeo (riportato da Diodoro) indica i Sicani come popolazione autoctona, insediati in origine su tutta l'isola, dediti all'agricoltura, furono sospinti nelle parti occidentali a seguito di una forte eruzione dell'Etna che ricoprì vaste zone dell'isola. Intorno al XII secolo a.C. una mescolanza di esuli si fusero con gli insediamenti sicani presenti in quella parte del territorio. Questa nuova mescolanza di genti costituì il popolo degli Elimi, fondatori delle città di Elima, Erice, Entella ed Egesta (o Segesta). Le origini degli Elimi sono sconosciute, probabilmente derivano dalla mescolanza di genti autoctone con popolazione di tipo egeo e, forse, gruppi liguri. Sembra certa la loro origine non greca. Si deve ritenere che dovette esistere una colonia di troiani anteriormente all'arrivo di Elimo e Egesto, volendo mettere d'accordo questo anche con quanto riportato da Ellanico potremmo dire che presso Erice nella Sicilia occidentale vi era già un popolo che abitava a fianco ai Sicani in armonia, come si deduce da Dionisio di Alicarnasso: «… ottenendo dai Sicani la terra amorevolmente in nome della consanguineità di Egesto ».  I Siculi ("Sikeloi" dal nome del presunto re siculo "Sikelòs"), forse appartenenti a un popolo indoeuropeo di origine italica (protolatini), raggiunsero la Sicilia attorno al XV secolo a.C. Attorno al 1000 a.C., fecero ritirare le popolazioni dei Sicani nella parte sud-occidentale della Sicilia. Diodoro Siculo riporta che le aree lasciate libere dai Sicani a seguito dell'eruzione dell'Etna furono occupate dai Siculi provenienti dalla penisola italiana e che dopo una serie di conflitti con i Sicani si giunse alla stipulazione di trattati che definivano le frontiere dei reciproci territori. Il nuovo confine territoriale fu il fiume Salso dove rimase fino all'arrivo dei Greci. Si erano stanziati inoltre su tutta la costa occidentale, i Fenici, che si riservarono i promontori sul mare e le isolette adiacenti, per il loro commercio con i Siculi. Nel 734 a.C. coloni Fenici di Tiro avevano fondato Mabbonath, l'odierna Palermo, già abitata dai Sicani. Precedente è la fondazione di Mtw cioè Mozia, che si ingrandì molto ospitando i Fenici espulsi dai Greci. Kfra (Solunto) fu il terzo polo delle colonie fenice in Sicilia, fondato intorno al 700 a.C. Le tre città rivestirono un ruolo di primaria importanza nei commerci con le zone circostanti e validi porti amici per le navi degli alleati Elimi. Ma in seguito al successivo approdo degli Elleni, abbandonate quasi tutte le coste e raccoltisi in vicinanza degli alleati Elimi, si tennero Mtw (Mozia), Kfr (Solunto) e Zyz (Panormo). Solunto, distrutta dai Greci, venne rifondata in forme e impianto ellenistici in un sito ben distante all'originario. Il luogo scelto dai Fenici per le loro città era favorevole, sia per la vicinanza degli alleati Elimi, sia per la brevità della traversata tra Cartagine e la Sicilia da quel punto. Oltre Tucidide anche Pausania fa riferimento a queste stesse popolazioni (Fenici, Sicani, Siculi e sostituisce però il nome "Frigi" a "Elimi"). Oltre ai Fenici, ai Sicani, ai Siculi ed agli Elimi, la tradizione storica ci ricorda la popolazione dei Morgeti di cui Strabone parla senza però precisare l'epoca della loro immigrazione in Sicilia coi Siculi e senza darci particolari di sorta; l'unica città importante di questa popolazione sarebbe quella di Morgantion il cui fondatore sarebbe stato l'eroe eponimo Morgete, si parla inoltre di una città chiamata Murganzio presso l'attuale villaggio di Agnone Bagni. Ma non abbiamo alcuna possibilità di presumere che questi Morgeti abbiano mai raggiunto una unità etnica e politica quale quella dei Siculi o come quella dei Sicani.

Ricapitolando, le ipotesi sull'origine dei Sicani sono: origine iberica, origine italiota, autoctoni. Ma un'ulteriore ipotesi sta prendendo piede tra gli storici e cioè l'ipotesi di un'origine cretese.

Insistere sull'ipotesi che nei Sicani ci sia un filum che li lega ai cretesi è estremamente arduo, ma molto affascinante, perché le varie sovrapposizioni culturali avvenute nell’isola hanno cancellato ogni traccia di queste due civiltà. Le ceramiche rinvenute a Sabucina, con motivi decorativi floreali accostabili ad esperienze figurative del mondo cretese di età minoica, sono ben poca cosa per affrontare una ricerca di questa valenza. Tuttavia proveremo a trovare altri indizi che possano aiutarci a ricondurre i due popoli ad una comune origine. L’archeologia in questi ultimi anni ha intensificato gli scavi sulla costa meridionale dell’isola,molto interessanti si sono rivelati quelli fatti a Monte Grande da cui è emersa un’immagine della Sicilia del II millennio,attiva, aperta alle dinamiche mercantili legate alla risorsa mineraria dello zolfo, la cui raffinazione è documentata ampiamente dalle fornaci del sito costiero di Monte Grande. L’abbondanza di ceramica di tipo egeo rinvenuta in contesti castellucciani databili a partire dal XVIII sec. a.C. indica l’antichità dei rapporti mercantili delle genti costiere castellucciane con i partners egei molto tempo prima dell’ arrivo dei micenei in Sicilia, che si può collocare alla fine del XV sec. a.C.. Sono state rinvenute diverse sepolture e oggetti probabilmente usati in campo religioso,dedicati alla "Gande Madre". La Grande Madre di Cnosso , accostabile alla Madre Terra di Minet el Beyda di Ugarit , veniva solitamente raffigurata con sembianze umane, con seni rigogliosi, simbolo di fecondità, e nell’atto di stringere una coppia di serpenti, animali dell’Oltretomba. Ad essa erano consacrate le corna di un toro sacrificato dall’ascia bipenne e fu durante il periodo dei secondi palazzi (1700 a.C.) che comparve il leggendario Minotauro, un essere con il corpo di uomo e la testa taurina. Tale simbologia si diffuse anche a Polizzello, nel cuore religioso della Sicania. Il ritrovamento nella Cava di Ispica (Ragusa) di un frammento di pithos minoico con un contrassegno a forma di tridente, simile a quello rinvenuto a Cannatello (XIV sec. a.C.) e la scoperta nel santuario di Polizzello di un bronzetto anch’esso a forma di tridente, databile alla prima metà del VI sec. a.C. , ci riportano alla simbologia della Dea Madre e all’uso cretese e anche miceneo , Potnia Sito era chiamata la Signora del Grano, di riprodurre idoletti con le braccia alzate.  La simbologia del tridente si conservò in quell’attrezzo agricolo (forcone con tre denti) che un tempo il contadino siciliano usava per separare la paglia dalle granaglie. Potremmo ipotizzare che gli eventi sismici del XVII e del XV sec. a.C. abbiano spinto altri esuli a fare gli stessi percorsi tracciati dai loro antenati, perpetuando così in Sicilia la cultura delle tombe rupestri a grotticella artificiale, come quelle scoperte a Ciavolaro (XVII sec. a.C.), a Scirinda e a Magone-Anguilla (XV-XIV sec. a.C.) e quindi sostenere che il culto delle Meteres non fu introdotto dai Rodio-Cretesi di Gela o di Agrigento, come taluni storici sostengono, e non necessariamente nel XIII sec a.C. come vuole la leggenda, ma potrebbe risalire ad un’epoca ancora più remota.

Altro legame tra i sicani e i cretesi può trovarsi nella leggenda di Dedalo, leggenda legata alla fortezza-città di Camico quasi sicuramentesituata nel territorio sicano e più probabilmente nel territorio di S.Angelo Muxaro. Dedalo, conosciuto anche come Efesto, visse tra il 2700/2600 a.C. Dedalo era un famoso architetto che era andato ad Atene per portare avanti la sua attività, ma qui uccise suo nipote di nome Talo per semplice invidia. Costretto all'esilio o forse fuggiasco, ripara a Creta presso Minosse, fabbricando statue che muovevano da sole occhi, braccia e gambe e progetta un luogo per la danza, destinato ad Arianna, figlia di Minosse. Per la moglie di Minosse, invece, costruisce una struttura a forma di vacca di legno ricoperta di cuoio che permetteva alla regina, nascosta all'interno, di unirsi a un toro, quello che il dio Poseidone aveva donato a Minosse, perché lo sacrificasse, e che lui invece aveva sostituito con un altro di minor valore, suscitando così le ire del dio, che indusse la regina ad innamorarsi del toro. Dall'unione sessuale nascerà il Minotauro: un mostro che sul corpo umano aveva una testa di toro. Minosse, per nascondere il Minotauro, chiede a Dedalo di costruire il Labirinto (a Cnosso), dove, essendo chiuso da un bosco, con molti andirivieni, era impossibile uscirne una volta entrati. Accade poi che Androgeo, uno dei figli di Minosse, viene ucciso dagli Ateniesi: il padre li combatte e, approfittando dell'occasione, li costringe al tributo di sette giovani e di altrettante giovinette da inviare, ogni nove anni a Creta per essere divorati dal Minotauro. Atene però, al terzo tributo, manda Teseo per uccidere il Minotauro. E' proprio Dedalo che per compiacere Arianna che amava l'eroe, dà a questa il gomitolo che doveva servire per far ritrovare a Teseo la strada del ritorno, dopo aver ucciso il Minotauro. Ma Minosse viene a sapere tutto e, non potendo punire la figlia ch'era fuggita con Teseo, rinchiude lo stesso Dedalo col figlio Icaro nel labirinto. Dedalo però trova un altro modo per uscirvi: riesce a preparare grandi ali di penne, tenute insieme con la cera, e ad applicarle sulle sue scapole e su quelle di Icaro, col quale spiccano il volo. Dedalo aveva raccomandato a Icaro di volare ad altezza media, ma quello vola troppo in alto, sicché il sole scioglie la cera delle ali, e Icaro, sotto gli occhi del padre, precipita nel mare Tirreno e affoga. Dedalo, invece, proseguendo nel suo volo, raggiunge la Sicilia, e precisamente nella città di Inico mettendosi al servizio del suo re Cocalo, il quale gli aveva concesso un’ospitalità degna di un personaggio famoso, di un genio. Dedalo allora costruisce per il re Cocalo una diga, edifica su una roccia a picco le fondamenta di un tempio ad Afrodite, installa uno stabilimento termale ed inoltre una cittadella fortificata assolutamente inespugnabile, raggiungibile solo tramite un irto sentiero e difendibile da pochi soldati. La cittadella fortificata serviva per proteggere i tesori del re e si chiamava Camico. Anni dopo si ripresentò re Minosse di Creta, che ancora non aveva dimenticato l'offesa fattagli da Dedalo. Saputo che questo era alla corte di re Kocalo, arma un potente esercito e salpa con le sue navi approdando a Macara. Manda ambasciatori a re Kocalo per farsi consegnare Dedalo. Il re invita Minosse alla sua corte, trattandolo come un ospite "regale". Minosse non si rende conto del tranello, e durante il bagno con le figlie di Kocalo, muore annegato. Successivamente il corpo del re viene restituito all'esercito cretese e, grazie al momento di confusione, i sicani ne approfittano per distruggere le navi dell'esercito. Alcuni soldati rimasero a Macara, rinominandola "Minoa". Mossi dallo spirito di vendetta, i cretesi organizzarono un'altra spedizione per punire i sicani, ma la città di Kamico si rivelò inespugnabile, per cui l'esercito si ritirò.